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Novità in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera agroalimentare e la fine dell’art. 62

Con decreto legislativo n. 198/2021 è stata data attuazione alla Direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera agricola e alimentare, secondo i principi ed criteri direttivi previsti all’art. 7 della legge di delegazione europea n. 53/2021.
 
La nuova normativa ha sancito il superamento dell’art. 62 del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n 27, e delle norme ad esso collegate.
 
Il decreto ha ad oggetto il contrasto alle pratiche commerciali sleali nelle relazioni B2B tra fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari, definendo le pratiche vietate, in quanto contrarie ai principi di buona fede e correttezza, imposte unilateralmente da un contraente alla sua controparte. La nuova disciplina, applicabile alle cessioni di prodotti agricoli e alimentari eseguite da fornitori stabiliti sul territorio nazionale, indipendentemente dal fatturato, e con esclusione delle cessioni concluse direttamente tra fornitori e consumatori, introduce un regime di norme imperative che prevalgono su eventuali discipline di settore con esse contrastanti, qualunque sia la legge applicabile al contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari.
 
Tra le previsioni inderogabili vi è quella per la quale i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari devono essere obbligatoriamente conclusi mediante atto scritto stipulato prima della consegna ed indicante la durata, la quantità e le caratteristiche del prodotto oggetto di cessione, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento. La forma scritta può essere soddisfatta attraverso documenti di trasporto o di consegna, fatture, ordini di acquisto, a condizione che gli elementi sopra indicati siano stati precedentemente concordati con un accordo quadro.
 
La durata minima dei contratti è fissata in dodici mesi, ad eccezione dei casi in cui una durata minore sia giustificata, anche dalla stagionalità dei prodotti, e sia concordata dalle parti contraenti o risulti da un contratto stipulato con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali maggiormente rappresentative a livello nazionale e presenti in almeno cinque camere di commercio, anche attraverso articolazioni territoriali e di categoria. Al di fuori delle deroghe ammesse, la durata inferiore a quella minima si considera comunque pari a dodici mesi.
 
Tra le pratiche commerciali vietate vi sono:

  • il mancato rispetto dei termini di pagamento (rispettivamente 30 giorni per i beni deperibili e 60 per quelli non deperibili, successivi alla consegna o al termine stabilito per la consegna, a seconda di quale delle due date sia successiva);
  • l’annullamento di ordini per prodotti deperibili con un preavviso inferiore a 30 giorni;
  • la modifica unilaterale delle condizioni di acquisto quanto a luogo, tempi e modalità della fornitura, quantitativi, termini di pagamento e prestazioni accessorie;
  • l’addebito al fornitore della responsabilità per il deterioramento dei prodotti quando tale deterioramento non sia stato causato da colpa o negligenza del fornitore stesso;
  • l’acquisizione, l’utilizzo o la divulgazione illecita, da parte dell’acquirente o di soggetti facenti parte della medesima centrale o gruppo d’acquisto dell’acquirente, di segreti commerciali del fornitore ai sensi del decreto legislativo n. 63/2018 che ha recepito la Direttiva (UE) 2016/943 sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l'acquisizione, l'utilizzo e la divulgazione illeciti;
  • le minacce di ritorsioni e le richieste di risarcimento per i costi sostenuti per l’esame dei reclami dei clienti.

 
Altre pratiche commerciali vietate, salvo che siano state concordate nel contratto di cessione o in accordo quadro in termini chiari ed univoci, riguardano le richieste al fornitore di restituzione di beni invenduti, di farsi carico dei costi di pubblicità, marketing e scontistica.
 
Infine, sono vietate le pratiche di:

  • acquisto di prodotti agricoli e alimentari attraverso il ricorso a gare e aste elettroniche a doppio ribasso;
  • l’imposizione di condizioni contrattuali particolarmente gravose, come quella di rivendere i prodotti al di sotto dei costi di produzione;
  • la mancata osservanza dell’obbligo di stipula del contratto per iscritto prima della consegna, nonché l’omissione del prezzo e dei criteri per la sua determinazione, della quantità e qualità dei prodotti, della durata del contratto, delle scadenze e procedure di pagamento, delle modalità di raccolta e consegna dei prodotti agricoli e delle norme applicabili in caso di forza maggiore.

 
Il decreto contiene anche la disciplina sanzionatoria, particolarmente severa: basti pensare che la pena per alcune violazioni può arrivare fino al 5% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento; la misura della sanzione è diversamente determinata, in base alla violazione, con riferimento al valore dei beni oggetto di cessione o al beneficio ricevuto da chi ha commesso la violazione o all’entità del danno provocato all’altro contraente.
 
Le nuove disposizioni si applicheranno ai contratti conclusi successivamente alla data del 15 dicembre 2021 di entrata in vigore del decreto, mentre i contratti in corso di esecuzione dovranno essere resi conformi entro il termine di sei mesi dalla suddetta data.
 

Autori

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Paola Ghezzi
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Roma
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Massimo Alpigiani
Counsel
Milano