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Carried interest - Ultimi orientamenti dell'Agenzia delle Entrate

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20/10/2020

Con il presente contributo, facendo seguito alle nostre precedenti pubblicazioni per un esame generale della disciplina (qui), nonché per i precedenti orientamenti dell’Amministrazione finanziaria sul tema (qui), si intende commentare le recentissime risposte ad interpello pubblicate dall’Agenzia delle Entrate in materia di carried interest.

Preliminarmente rammentiamo che l’articolo 60 del D.L. n. 50/2017 stabilisce alcune condizioni oggettive che, se verificate, consentono la qualificazione automatica del carried interest quale reddito finanziario. Laddove, invece, dette condizioni non siano verificate, l’Agenzia delle Entrate ha precisato con la Circolare n. 25/E/2017 che sarà necessario effettuare una verifica case-by-case volta ad accertare se il carried interest, pur non rispondendo ai requisiti del citato articolo 60, possa comunque qualificarsi quale reddito finanziario oppure venga attratto nella sfera del reddito da lavoro dipendente.
In tale ambito, le risposte ad interpello qui in commento, forniscono chiarimenti sia in merito agli elementi da tenere opportunamente in considerazione nell’ambito delle verifiche case-by-case che alla corretta interpretazione dei requisiti enunciati nell’articolo 60.

Segnatamente la risposta ad interpello n. 407/2020, nell’ambito della verifica fattuale, attribuisce rilevanza, in senso negativo, al fatto che l’investimento complessivamente effettuato dai destinatari del carried interest avrebbe coperto solamente lo 0,15% dell’investimento complessivo. Ancorché l’istante avesse voluto sostenere la significatività dell’investimento in termini di valore assoluto, questo non è stato ritenuto sufficiente dall’Amministrazione finanziaria per poter considerare allineato l’investimento dei manager a quello degli altri investitori in termini di assunzione e comunione dei rischi e degli interessi.

Altra circostanza ivi ritenuta non atta a qualificare il carried interest come reddito finanziario, era stata quella di aver precedentemente eliminato le politiche di remunerazione variabile dei manager in favore di un innalzamento del limite del carried interest massimo attribuibile in capo agli stessi. In particolare, il rapport carried interest / RAL consentito veniva elevato da 1:1 a 2:1. Tale modifica è stata interpretata dall’Agenzia delle Entrate quale chiaro segnale del fatto che il carried interest venisse di fatto ad integrare una parte della retribuzione piuttosto che costituire un provento finanziario derivante dall’investimento.
La successiva risposta ad interpello n. 435/2020, che si conclude invece con esito favorevole per l’istante, identifica come elementi chiave per la qualifica finanziaria del carried interest :

  1. la conformità delle clausole di leavership ivi pattuite, in base alle quali i leavers avrebbero continuato a far parte della società e ad avere diritto ai proventi ordinari ed ai proventi carried, ad eccezione delle ipotesi di bad leavership in cui – salva la restituzione delle sole quote versate fino all’evento di leavership – restava comunque ferma l’esposizione al rischio effettivo di perdita del capitale investito fino al termine della durata del fondo; e
  2. il fatto che il diritto alla percezione del carried interest fosse egualmente attribuito anche ai soggetti non legati alla società da rapporti di lavoro dipendente o di amministrazione, portando quindi ad escludere un collegamento tra detenzione di quote e prestazione lavorativa oltre che a garantire l’allineamento di interessi e rischi tra i manager e gli altri investitori.

Infine, la risposta ad interpello n. 436/2020, chiarisce un aspetto cruciale afferente alla determinazione della soglia dell’1% stabilita dalla lettera a) dell’articolo 60 (c.d. requisito dell’investimento minimo). Più precisamente, l’istante sosteneva la tesi secondo cui in presenza di investimenti scaglionati nel tempo, la soglia dell’1% possa essere verificata avendo riguardo al valore corrente dell’investimento inziale (da determinarsi con l’ausilio di una perizia redatta da un professionista). L’Agenzia, invece, attendendosi al tenore letterale della norma, ha affermato che l’1% deve necessariamente essere verificato in termini di esborso monetario effettivo sostenuto. Conclude quindi affermando che in ipotesi di esborso monetario inferiore all’1% del valore corrente del patrimonio netto, sarà necessario integrare l’investimento ai fini del soddisfacimento del requisito dell’investimento minimo anche se, rivalutando l’investimento inziale a valori correnti, la soglia dell’1% poteva ritenersi superata. 

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