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Credito d’imposta esteso anche ai dividendi di fonte estera

24/10/2022

Con la recente sentenza n. 25698/2022, la Corte di Cassazione ha affrontato il caso di una persona fisica residente in Italia che percepisce redditi direttamente – ovverosia senza intermediario - da una partecipazione non qualificata in una partnership statunitense.

Secondo l’Agenzia delle Entrate i dividendi di fonte estera percepiti senza l’intervento di intermediari residenti devono essere assoggettati ad imposta sostitutiva del 26% del relativo importo, assunto al lordo delle imposte estere. La conseguenza di tale posizione è che la doppia imposizione giuridica che ne deriva non viene mitigata da altre norme interne.

Contrariamente a tale posizione la Suprema Corte ha ammesso, nel caso esaminato, la possibilità per la persona fisica residente in Italia di detrarre dall'imposta sostitutiva del 26% le imposte assolte sui medesimi redditi negli Stati Uniti.

La sentenza della Suprema Corte ha una portata dirompente e poggia su una (corretta) lettura a contrariis delle disposizioni della Convenzione Italia-USA.

La Suprema Corte, qualificando preliminarmente i redditi quali dividendi alla luce della Circolare n. 9/2015 in materia di credito per le imposte assolte all’estero, svolge le sue considerazioni muovendo dall’art. 18 del TUIR il quale non consente il credito d’imposta per i dividendi di fonte estera soggetti ad imposizione sostitutiva.

Tuttavia, l’art. 2, par. 2 della Convenzione Italia-USA include nell’ambito di applicazione della convenzione le imposte italiane “ancorché riscosse mediante ritenuta alla fonte”. In aggiunta, l’art 23, par. 3 prevede che “nessuna deduzione sarà accordata ove l'elemento di reddito sia assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo d'imposta su richiesta del beneficiario di detto reddito in base alla legislazione italiana”.

La Cassazione ha ritenuto che da tale disposizione debba conseguire che nessuna deduzione debba essere accordata solo allorquando l’assoggettamento a ritenuta a titolo d’imposta (oppure, come nel caso di specie, con un meccanismo alternativo ma del tutto analogo, a imposizione sostitutiva) sia facoltativo e non obbligatorio. Quindi, qualora l’assoggettamento a imposizione sostitutiva in Italia avvenga ex lege (come previsto nel caso esaminato dalla Cassazione), l’imposta estera dovrà essere considerata detraibile.

È importante sottolineare che il “principio di diritto” enunciato dalla Cassazione dovrebbe avere un ambito di applicazione che si estende a tutti i casi di percezione di redditi di fonte estera da parte di persona fisica titolare di partecipazione non qualificata in una partnership di diritto internazionale, nella misura in cui la relativa convenzione contenga la medesima disposizione recata dal citato par. 3 dell’art. 23 (tra gli altri, Francia, Regno Unito, Germania, Lussemburgo, ecc.).

Inoltre, dovrebbe ragionevolmente concludersi che i principi espressi dalla Cassazione trovino applicazione anche nel caso di dividendi percepiti da partecipazioni qualificate in società di capitali fiscalmente non residenti (stante il comune regime previsto dalla L. 205/2017 sui redditi formatisi dal 2018 o che dopo il 31 dicembre 2022 non beneficeranno del regime transitorio).

Alla luce di tale decisione, nelle situazioni in cui il “principio di diritto” si rende applicabile, dovrà essere attentamente esaminata la possibilità di richiedere il rimborso delle imposte pagate.

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