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Criptoassets. Lo stato dell’arte e le aspettative per le nuove norme a livello nazionale e comunitario

21/02/2022

Sembrano ormai lontani i tempi in cui la generale tendenza, nell’opinione pubblica, era quella di ritenere le criptovalute strumenti di finanziamento di attività illecite, sottratti al controllo del fisco. Oggi, il sempre più diffuso utilizzo delle criptovalute, unitamente al loro utilizzo anche nel mondo dello sport sotto forma di fan token e in quello del gaming, nonché il proliferare del fenomeno degli NFT, ha contribuito a rendere mainstream i cripto assets. Alcuni Paesi, come El Salvador, hanno attribuito corso legale al bitcoin, la criptovaluta più celebre; altri Paesi si muovono in direzione diametralmente opposta, ma sono in schiacciante minoranza.

Il report dello scorso dicembre del Direttorato di ricerca globale giuridica (GLRD) del Congresso statunitense[1] illustra come, fatto salvo per Paesi nei quali il divieto per le criptovalute è implicito o solo relativo (perché, ad esempio resta consentito scambiarle come commodities), un divieto assoluto residua ormai unicamente in Algeria, Cina, Egitto, Marocco, Nepal, Qatar e Tunisia.

A livello europeo, l’approccio iniziale dei regolatori è stato quello del “wait and see”, ma la diffusione delle criptovalute e ancor di più dei criptoassets privi della funzione di “valuta” è stato tale da spingere presto verso un approccio “same business, same risks, same rules” (“stesso business, stessi rischi, stesse regole”) , per poi comprendere che la peculiarità del settore Fintech richiedeva un diverso approccio definibile come “new functionality, new rules” (“nuove funzionalità, nuove regole”)[2].

L’intento di fornire certezza legale, supportare l’innovazione, proteggere i consumatori e l’integrità del mercato, garantire la stabilità finanziaria e mitigare i rischi all’efficace trasmissione della politica monetaria e alla sovranità monetaria ha fatto sì che oggi, in riferimento alle criptovalute, in tutti i paesi europei esistano normative antiriciclaggio oltre a specifiche leggi di natura fiscale (con l’eccezione della Bulgaria).

È inoltre notizia di questi giorni la pubblicazione del decreto del MEF attuativo delle previsioni del decreto legislativo 13 agosto 2010 n. 141, che prevede, per i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e di portafoglio digitale, l’obbligo di iscrizione in una sezione speciale del registro tenuto dall’OAM (organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi), da cui deriva altresì l’obbligo di comunicazione all’OAM di dati inerenti i clienti, inclusa la loro operatività complessiva.

Il decreto interviene peraltro in maniera decisa sull’accesso al mercato dei vari operatori di criptoattività, stabilendo che gli operatori con sede legale in altro stato UE debbano avere in Italia una stabile organizzazione e, pertanto, impedendo di fatto l’operatività agli operatori extracomunitari se non per il tramite di una società da costituire in Italia 

Un più rigoroso controllo sull’accesso al mercato delle criptoattività è del resto proprio uno dei principali obiettivi insiti nella proposta di Regolamento su mercati in cripto-asset (“MiCA”)[3], rivolta a disciplinare le cripto-attività che non sono già regolate da altri atti legislativi europei.

Il Regolamento MiCA -che purtuttavia richiederà ancora tempi troppo lunghi rispetto alla velocità con cui si evolve la materia che intende regolare - si propone l’obiettivo di ampliare il perimetro dei soggetti e delle attività vigilate includendovi, ad esempio, l’emissione di stablecoins e la gestione di piattaforme di negoziazione di cripto-attività.

L’obiettivo è l’introduzione di norme uniformi direttamente applicabili, che prevalgono su quelle nazionali, in tema di trasparenza, autorizzazione e vigilanza dei fornitori di servizi di cripto-asset e degli emittenti di asset-referenced token e di token moneta elettronica; di protezione dei consumatori e prevenzione di market abuse per assicurare l’integrità dei mercati di cripto-asset.

Quella del MiCA è soltanto una delle iniziative assunte a livello europeo nell’ambito del c.d. Pacchetto sulla Finanza Digitale, che include anche l’atto sulla resilienza operativa digitale (DORA) e in relazione al quale non mancano, per vero, elementi di criticità.

La Consob ha osservato[4], ad esempio, come l’attuale formulazione della proposta MiCA comporti il rischio che facciano ingresso nel mercato domestico prodotti o servizi ricondotti alla disciplina MiCA rispetto ai quali dovrebbe invece trovare applicazione l’ordinario set di norme già vigenti in materia finanziaria, atteso che vi è attualmente una definizione non puntuale dell’ambito di applicazione oggettivo del regolamento, che utilizza una nozione di cripto-attività molto ampia.

Sarebbero quindi utili misure vincolanti per tutti gli Stati membri che forniscano maggior dettaglio
nella nozione di strumento finanziario nell’ecosistema Distributed Ledger Technology, al fine di
consentirne una più agevole distinzione dai cripto-asset di cui al MiCA.

Inoltre, secondo la Consob, in considerazione della particolare attenzione richiesta nel settore dei crypto-asset in relazione alle comunicazioni di marketing, sarebbe necessario proibire o limitare  la circolazione di tali assets in assenza della pubblicazione di un white paper, con contestuale rafforzamento dei poteri delle Autorità di vigilanza, legittimandole alla sospensione e al divieto di diffusione delle comunicazioni di marketing, analogamente a quanto già previsto per gli strumenti finanziari.

In ambito nazionale, in ogni caso, l’attesa per la definitiva approvazione del Regolamento MiCA non ha frenato le iniziative delle Autorità nel settore Fintech; Banca d’Italia, allo scopo di rafforzare la sua capacità di analisi dell'evoluzione dei mercati finanziari e, nel contempo, di aprire un canale di dialogo con gli operatori che intendono proporre soluzioni tecnologiche e organizzative innovative nell'area dei servizi finanziariha dato avvio al c.d. Canale FinTech, anche per favorire una maggiore attrattività del mercato domestico.

Le iniziative comprendono Milano Hub, luogo, fisico e virtuale, nel quale la Banca d'Italia assiste gli operatori, collabora allo sviluppo di progetti innovativi e attività di ricerca, e la Sandbox Regolamentare[5], che ha l’obiettivo di consentire la sperimentazione di applicazioni tecnologiche innovative nel settore creditizio, finanziario e assicurativo e che consente agli operatori di testare prodotti e servizi finanziari innovativi, per un periodo di tempo non superiore a 18 mesi, all’interno di un ambiente controllato, beneficiando di un regime semplificato transitorio e del costante dialogo con le Autorità di riferimento.

Le finestre per la proposizione di progetti nell’ambito di entrambe le iniziative sono state recentemente chiuse e, a seguito dell’istruttoria, sarà dato avvio alla sperimentazione con il controllo delle rispettive autorità (Banca d’Italia, Consob e Ivass).

 

[1] New Report on “Regulation of Cryptocurrency Around the World”, https://www.loc.gov/item/2021687419/

[2] Sul punto è assai interessante l’intervento di Alessandra Perrazzelli, Vice-Direttrice Generale della Banca d’Italia; “Le iniziative regolamentari per il Fintech: a che punto siamo?”, 4 maggio 2021.

[3] Cfr. La proposta di Regolamento MiCA sulle cripto-attività (cms.law).

[4] In sede di audizione alla VI Commissione permanente finanze della Camera dei Deputati, in data 8 giugno 2021.

[5] Confronta Sandbox regolamentare (cms.law)

 

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