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Il progressivo allineamento dell'Agenzia e della Cassazione ai principi OCSE sui prezzi di trasferimento

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato in data 24 maggio 2022 una circolare (n. 16/E del 24.5.20221) che fornisce istruzioni operative in merito alla corretta interpretazione della nozione di “intervallo di libera concorrenza” ai fini dell’applicazione delle norme in materia dei prezzi di trasferimento previste dal TUIR (art. 110 comma 7) o dai Trattati contro le Doppie Imposizioni (il cui articolo 9 è conforme al Modello di Convezione OCSE). Tali norme introducono un generale principio di determinazione delle transazioni effettuate tra imprese associate alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra parti indipendenti.

Solo pochi giorni prima, la Cassazione (sentenza n. 15668 del 17.5.20222) era intervenuta a tutela dell’affidabilità dei metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento, attribuendo la necessaria rilevanza alle singole fasi che ne sottintendono l’applicazione.

In entrambi i casi, l’applicabilità di principi generali a tutela dell’applicazione dei principi in materia di prezzi di trasferimento è confermata mediante diretto rinvio alle Linee Guida OCSE.

In merito alla nozione di “intervallo di valori di libera concorrenza” (c.d. “arm’s length range”) la definizione contenuta nelle Linee Guida OCSE è di “intervallo di prezzi accettabili per determinare se le condizioni di una transazione tra imprese associate siano a condizioni di libera concorrenza”. In base alle norme interne (DM 14.5.2018) di recepimento dei principi emanati in ambito OCSE, si considera conforme al principio di libera concorrenza l’intervallo di valori formato dagli indicatori finanziari selezionati in applicazione del metodo più appropriato relativo a ciascuna operazione tra terzi indipendenti comparabile con l’operazione controllata. In particolare, data una transazione effettuata tra parti correlate e individuato l’intervallo di valori di libera concorrenza:

  • se l’indicatore finanziario è compreso nell'intervallo di valori, la transazione si considera conforme al principio di libera concorrenza, sempre che i valori siano riferibili a un numero di operazioni non controllate, ognuna delle quali risulti parimenti comparabile alla transazione medesima;
  • se l'indicatore finanziario non rientra nell'intervallo di libera concorrenza, l'amministrazione finanziaria effettua una rettifica al fine di riportare il predetto indicatore all'interno dell'intervallo di valori, fatti salvi il diritto per l'impresa associata di presentare elementi che attestino che l'operazione controllata soddisfa il principio di libera concorrenza, e la potestà per l'amministrazione finanziaria di non tenere conto di tali elementi adducendo idonea motivazione.


In tale contesto, l’Agenzia delle Entrate – richiamando i §§ da 3.55 a 3.66 delle Linee Guida OCSE – ha confermato che:

a) l’applicazione del principio di libera concorrenza produce un intervallo di valori tutti ugualmente affidabili (dal valore c.d. minimo al valore c.d. massimo); le differenze di valori compresi nell’intervallo sono causate dall’approssimazione delle condizioni che sarebbero state stabilite tra imprese indipendenti, ovvero dall’applicazione di prezzi diversi a transazioni comparabili;

b) le transazioni tra imprese indipendenti che presentano un grado inferiore di comparabilità dovrebbero essere eliminate dall’intervallo di valori di libera concorrenza;

c) gli eventuali difetti di comparabilità che dovessero permanere dovrebbero essere eliminati ricorrendo – se l’intervallo comprende un numero significativo di osservazioni e mediante apposite argomentazioni a supporto - (i) all’utilizzo di “strumenti statistici” che tengano conto della tendenza ad accorpare al centro i valori per restringere l’intervallo di valori (c.d. intervallo interquartile, ad esempio), rafforzando l’affidabilità dell’analisi; (ii) all’applicazione di più di un metodo i cui intervalli di valori potranno servire a determinare, quale intervallo di valori, l’intervallo comune ad entrambi gli intervalli, oppure a riconsiderare l’accuratezza dei metodi utilizzati;

d) uno scarto significativo tra i valori di un intervallo potrebbe essere indice di scarsa affidabilità e richiede di procedere all’analisi dei comparabili da mantenere o rimuovere;

e) le transazioni o i soggetti comparabili che realizzano utili eccezionalmente elevati o perdite, avendo un impatto sull’indicatore finanziario applicato, richiedono lo svolgimento di un’analisi ulteriore (al riguardo, le Linee Guida OCSE affermano che detti soggetti non devono essere esclusi unicamente a causa delle differenze rispetto agli altri soggetti comparabili, bensì verificati i difetti di comparabilità significativi precedentemente ignorati) e devono essere esclusi dall’elenco dei soggetti comparabili se i risultati anomali non riflettono le normali condizioni di mercato o riflettono livelli di rischio diversi da quelli assunti dall’impresa associata (in tal modo definendo il livello di comparabilità sulla base di altri fattori oltre ai dati finanziari).

Se l’amministrazione finanziaria dovesse sostenere motivatamente che l’indicatore finanziario ricade al di fuori dell’intervallo di valori, l’impresa associata dovrà presentare argomentazioni (i.e., idonea documentazione) a sostegno del fatto che le condizioni della transazione soddisfano il principio di libera concorrenza e che il risultato ricade all’interno dell’intervallo di valori. In mancanza di tale dimostrazione, l’amministrazione finanziaria procederà determinando il valore all’interno dell’intervallo (eventualmente rettificato in presenza di difetti di comparabilità sulla base delle misure di cui sub c) come segue:

  • in presenza di un intervallo di valori caratterizzato da un elevato e omogeneo grado di comparabilità, l’indicatore finanziario è rettificato mediante posizionamento del prezzo al valore c.d. minimo o al valore c.d. massimo dell’intervallo di valori (cd. “full range”);
  • diversamente, in presenza di un intervallo di valori eventualmente rettificato, l’indicatore finanziario è collocato sul 1° interquartile o sul 3° interquartile; persistendo difetti di comparabilità, il ricorso ad un valore centrale all’interno dell’intervallo (mediana, media aritmetica, media ponderata a seconda delle caratteristiche dei dati) pur consentendo di minimizzare il rischio di errore, è limitato ai soli casi in cui l’intervallo non comprende valori caratterizzati da un sufficiente grado di comparabilità, dandone specifica motivazione.

Particolarmente importante appare il riconoscimento della validità di tutti i valori contenuti all’interno dell’intervallo. Di conseguenza, in presenza di full range, l’amministrazione finanziaria dovrà collocare l’indicatore finanziario individuato dall’impresa sul valore “minimo” o “massimo” dell’intervallo di libera concorrenza che per primo interseca quello individuato. Ove invece sia necessario ricorrere a strumenti statistici, sarà possibile fare riferimento ai valori contenuti nell’intervallo ristretto.

Al contrario il ricorso ad un valore il più possibile centrale all’interno dell’intervallo deve essere, non soltanto specificamente motivato, ma limitato ai casi in cui l’intervallo non comprende valori caratterizzati da sufficiente grado di comparabilità, tale per cui non sia ritenuto affidabile qualsiasi punto compreso nell’intervallo ristretto tramite ricorso a strumenti statistici.

La complessità dell’analisi che conduce all’applicazione di un metodo affidabile di determinazione dei prezzi di trasferimento non si limita unicamente alla definizione dell’intervallo di valori di libera concorrenza, al contrario presuppone una serie di passaggi a garanzia della sua affidabilità la cui rilevanza è stata ribadita dalla Cassazione nella recente sentenza n. 15668 (nel caso di specie, il metodo applicato è il “Transactional Net Margin Method”).

La Cassazione ha elencato detti passaggi in modo analitico, come segue: (i) la scelta della parte testata per l’analisi; (ii) la determinazione dei risultati finanziari delle transazioni; (iii) la selezione del periodo d’indagine; (iv) l’identificazione delle società comparabili; (v) le rettifiche contabili ai bilanci per tenere conto di differenze nelle prassi contabili; (vi) la valutazione in merito ad eventuali aggiustamenti per tenere conto di differenze in termini di rischi assunti o funzioni svolte; (vii) la selezione di un indicatore affidabile del livello di redditività.

Da quanto sopra deriva che, in ipotesi di contrasto tra amministrazione finanziaria e contribuente in merito al rispetto di detti passaggi (nel caso esaminato, in merito agli standard di comparabilità) la mancata verifica delle censure mosse dal contribuente è tale da inficiare la decisione dei giudici di merito cui spetta, ad avviso della Suprema Corte, un nuovo esame del merito della controversia sotto il profilo degli standard di comparabilità.

È auspicabile che la Circolare n. 16/E e la sentenza n. 15668 contribuiscano a sensibilizzare gli uffici e i giudici di merito sulla necessità di applicare in modo conforme alle Linee Guida OCSE i principi di determinazione dei prezzi di trasferimento.
 

1. CIRCOLARE N. 16/E
2. Civile Sent. Sez. 5 Num. 15668 Anno 2022

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