La Commissione Tributaria Provinciale di Pescara, con la sentenza n. 49/2022, ha riconosciuto la spettanza dell’esenzione da tassazione in Italia dei dividendi distribuiti da un soggetto residente a fondi di investimento non residenti. In particolare, la decisione del giudice adito si fonda sul riconoscimento del fatto che negli anni 2014, 2015 e 2016, oggetto di giudizio, il regime italiano di tassazione dei fondi stranieri fosse in contrasto con i principi di libertà di circolazione di capitali e di stabilimento sanciti rispettivamente dagli articoli 63 e 49 del TFUE, proprio perché per i fondi residenti era invece prevista l’esenzione.
Rammentiamo al riguardo che a decorrere dal 1° gennaio 2021 è stato modificato il regime di tassazione dei fondi stranieri, così superando – almeno per il futuro e limitatamente ai fondi residenti in altri Stati membri dell’UE e negli Stati aderenti all’Accordo sullo SEE che consentono un adeguato scambio di informazioni – la violazione dei citati principi di libertà di circolazione di capitali e di stabilimento. Infatti, l’art. 27, comma 3 del d.P.R. n. 600/1973 - per effetto delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 631, L. 30 dicembre 2020, n. 178 - ha introdotto il regime di esenzione per i dividendi pagati a fondi di investimento non residenti conformi alla Direttiva 2009/65/CE (c.d. Direttiva UCITS IV) oppure non conformi alla medesima, il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese nel quale è istituito ai sensi della Direttiva 2011/61/UE (c.d. Direttiva AIFM), istituiti negli Stati membri dell’UE e negli Stati aderenti all’Accordo sullo SEE che consentono un adeguato scambio di informazioni. Sul punto, rinviamo peraltro al nostro precedente intervento (qui) per un approfondimento.
Le conclusioni della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Pescara qui in commento sono dunque apprezzabili sotto un duplice profilo in quanto per un verso riconoscono che il precedente assetto normativo si poneva in contrasto con i sopra richiamati principi comunitari e, per un altro, ammettono che gli stessi principi fossero applicabili anche prima del 2021 (ovvero prima dell’entrata in vigore del nuovo regime interno), come del resto ampiamente riconosciuto dalla Corte di Giustizia Europea (si vedano al riguardo, fra altre, le sentenze C-480/16, C-480/19, C-156/2017 nonché la recente sentenza C-545/19 del 17 marzo 2022).
Tale decisione rafforza senz’altro la posizione dei fondi non residenti che hanno intrapreso un contenzioso volto al rimborso della ritenuta subita in Italia in sede di distribuzione di dividendi precedente al 2021 ovvero di chi intende intraprendere questa via.
Si ricorda, peraltro, che la libertà di circolazione dei capitali tutelata dall’art. 63 del TFUE è garantita anche nei confronti dei soggetti residenti al di fuori dell’Unione Europea, per i quali, pertanto, continua a sussistere un profilo discriminatorio anche dopo le modifiche apportate all’art. 27, comma 3, del d.P.R. n. 600/1973 in commento (a tal riguardo si richiama in particolare la sentenza C-190/12, che ribadisce detta posizione con riferimento ai fondi non EU stabiliti in Paesi con i quali l’Italia abbia stipulato una convenzione contro le doppie imposizioni che garantisca un adeguato scambio di informazioni).
Sulla questione, quanto agli aspetti procedimentali, merita infine sottolineare l’imprescindibile applicazione della regola secondo la quale l’istanza di rimborso deve essere presentata entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento delle imposte.
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