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COVID-19 e responsabilità penale

17/04/2020

L’emergenza epidemiologica da COVID-19 ha indotto il Governo italiano ad emanare una serie di provvedimenti tesi a contenere il rischio della diffusione del virus sull’intero territorio nazionale.

In particolare, occorre evidenziare che l’art. 42, co. 2, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, prevede che nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati”.

L’infezione da coronavirus, quindi, è stata equiparata a tutti gli effetti ad un infortunio e, come tale, rientra a pieno titolo nell’ambito di applicazione del D. Lgs. n. 81 del 9 aprile 2008, che regolamenta la salute e  la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

Ne deriva che, ai sensi degli artt. 17, 28 e 29 del D. Lgs. 81/2008, sia le aziende le cui attività non sono sospese in base al D.P.C.M. del 10 aprile 2020, sia le aziende che torneranno a operare terminata la fase di lockdown, sono obbligate a valutare il rischio del verificarsi dell’infortunio che sarà costituito dal contagio da coronavirus e, in tal senso, il Documento di Valutazione del Rischio (cd. DVR) dovrà tenere conto del rischio da contagio del COVID-19.

Pertanto, nel caso in cui un dipendente dovesse contrarre il virus COVID-19 sul luogo di lavoro, potrebbe sussistere la responsabilità del datore di lavoro per il delitto di lesioni personali colpose (ex art. 589 cod. pen.) o, in caso di decesso del lavoratore a causa del coronavirus, per il reato di omicidio colposo (ex art. 590 cod. pen.).

Tutto ciò a condizione che sia dimostrata, al di là di ogni ragionevole dubbio:

  • l’omessa adozione, da parte del datore di lavoro, delle misure finalizzate a prevenire il contagio da coronavirus, per come delineate dal “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” (“Protocollo”);
  • la colpa del datore di lavoro, in ordine alla mancata adozione di tali misure (ad esempio, in relazione alla violazione dell’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi ex artt. 17, 28 e 29 del D. Lgs. 81/2008);
  • la sussistenza del nesso causale fra la mancata adozione di cautele antinfortunistiche e il contagio da Covid-19, dovendo in particolare essere provata l’insorgenza della malattia in occasione o come conseguenza dell’attività lavorativa.

Occorre, inoltre, evidenziare che i reati di omicidio colposo o lesioni personali colpose gravi o gravissime con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro rientrano tra i cd. reati presupposto, dai quali scaturisce la responsabilità amministrativa dell’ente, ai sensi dell’art. 25 - septies del D. Lgs. 231/2001.

In tal senso, è necessario che le aziende aggiornino il DVR, le procedure aziendali in materia di salute e sicurezza e il Modello 231/2001, previa implementazione delle misure idonee a prevenire i rischi da contagio del virus COVID-19.

È indubbio che, in questa fase, assume notevole rilevanza il ruolo svolto dall’Organismo di Vigilanza, che deve sia  rafforzare il sistema dei flussi informativi in essere, sia verificare quali attività siano state poste in essere dagli enti per prevenire i rischi di contagio da Covid-19.

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Emilio Battaglia
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