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Newsletter 24 Feb 2021 · Italia

Prodotti e sostenibilità: il confine della pubblicità ingannevole

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La lotta ai cambiamenti climatici rappresenta una sfida impegnativa per il mondo industriale.
 
Le imprese sono consapevoli della crescente sensibilità del pubblico dei consumatori verso il tema della sostenibilità poiché l’impatto ambientale dei propri prodotti è uno dei fattori che sempre di più influenza in maniera decisiva le scelte commerciali. Tuttavia, proprio per la crescente rilevanza dei criteri per i quali un prodotto può essere considerato “sostenibile”, anche i messaggi pubblicitari che esaltano i pregi ambientali di un determinato prodotto, con l’obiettivo di renderlo maggiormente attrattivo, devono essere formulati con modalità che consentano la tutela del consumatore.
 
L’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, nella sua funzione di organismo di auto-regolamentazione dell'intero settore pubblicitario, ha affrontato il tema della comunicazione pubblicitaria relativa alla tutela dell’ambiente naturale, introducendo nel proprio Codice di autodisciplina la norma secondo cui la comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili, nonché deve consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzata i benefici vantati si riferiscono.
 
Non è infrequente, infatti, che nel pubblicizzare alcuni prodotti le imprese facciano ricorso ad espressioni quali “sostenibile”, “ecologico”, “tutela l’ambiente” o “ad impatto zero”, con il solo obiettivo di attrarre l’attenzione dei consumatori più attenti alla sostenibilità. Il Greenwashing, ovvero la strategia di marketing finalizzata a dare un’immagine positiva sotto il profilo ambientale di un’azienda, o di un prodotto, pur in assenza di criteri oggettivi o dati scientifici attendibili e/o verificabili, rappresenta una forma di pubblicità ingannevole, come tale suscettibile di essere sanzionata.
 
Le grandi aziende che operano nel settore dei prodotti di largo consumo sembrano essere le più esposte al rischio di controlli da parte degli organismi preposti. L’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato svolge un ruolo fondamentale nella tutela del consumatore da pubblicità ingannevole in messaggi che esaltano pregi ambientali di prodotti in realtà caratterizzati da un alto grado di insostenibilità per diversi motivi.
 
Alcuni interventi significativi hanno riguardato aziende produttrici di acque minerali che presentavano i propri prodotti come ecosostenibili per effetto del ricorso a materiali di imbottigliamento asseritamente virtuosi quanto alla limitata quantità di plastica impegnata e, conseguentemente, alla minor quantità di energia necessaria per realizzare detti materiali. Tuttavia, l’insufficienza dei dati necessari a dimostrare l’attendibilità e la veridicità del claim pubblicitario hanno indotto l’AGCM a considerare la pubblicità ingannevole.
 
Un altro caso significativo per il valore della sanzione (ben 5 milioni di Euro) ha riguardato una multinazionale attiva nella produzione di carburanti per una pubblicità nella quale si affermava l’impatto ambientale positivo dell’uso di un determinato tipo di carburante per le caratteristiche di tale prodotto in relazione al risparmio di consumi ed alla riduzione delle emissioni di gas.
 
Al fine di evitare di incorrere nella pratica illegittima del Greenwashing, le comunicazioni pubblicitarie devono quindi essere suffragate da elementi di oggettiva verificabilità, oppure convalidate da soggetti terzi in posizione di indipendenza; un uso appropriato e corretto delle comunicazioni pubblicitarie che enfatizzano aspetti di sostenibilità di un prodotto è quindi indispensabile, perché la lotta all’emergenza climatica passa anche attraverso l’impegno contro il Greenwashing.